13 gennaio 1941. Il Podestà invia una "urgentissima raccomandata a mano" al Vescovo Micozzi comunicandogli ufficialmente che il giorno giovedì 16 gennaio inizieranno i lavori di demolizione della chiesa, che saranno «rapidamente condotti a termine». Lo invita quindi a sgomberare l'edificio dagli arredi sacri; «qualora ciò non avvenga in tempo utile, questa Amministrazione si riterrà autorizzata a provvedervi direttamente nel modo migliore possibile». Il Vescovo rimane in silenzio, e alle ore 9 del giorno stabilito gli addetti comunali provvedono puntualmente ad inventariare e sgomberare gli arredi della chiesa; quindi avviene la consegna dei lavori alla ditta Beniamino Melasecchi.
Nel frattempo si compiono gli ultimi disperati tentativi per salvare la chiesa teramana, ma ormai è tardi. Al Ministero dell'Interno giunge il giorno 18 un telegramma del Vescovo con la richiesta che sia evitata la demolizione della chiesa; dovendo di conseguenza il Prefetto riferire allo stesso Ministero «in modo preciso ed esauriente» questi si rivolge in via "urgentissima" e "riservatissima" al Podestà chiedendo lumi. E il Prefetto fa sapere il giorno stesso a Roma che «non est assolutamente possibile sospensione lavori da tre giorni in corso per demolizione Chiesa S. Matteo». Il giorno 20 il Vescovo si rivolge pure a Benito Mussolini facendogli conoscere che la demolizione «ha urtato profondamente me ed il sentimento religioso del popolo, il quale suppone che il provvedimento sia piuttosto determinato da altre ragioni e non dalla stabilità dell'edificio. (...) Prego Voi, Duce, ad intervenire ed impedire tale danno, che turberebbe profondamente il sentimento religioso di un popolo».
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