Sulla demolizione della chiesa di San Matteo è sceso invece il silenzio, ed anche la memoria stessa del monumento sembra attenuarsi. Eppure la sua perdita appare ancora più grave se si pensa che il suo sacrificio è servito in definitiva a rendere disponibile solo una piccola area vuota, quella che oggi è denominata Largo San Matteo. Un'area che per alcuni detrattori della demolizione occorreva per realizzare la piazza davanti al balcone centrale della Prefettura dal quale il Duce, invitato a Teramo, avrebbe fatto il suo discorso al termine della guerra lampo. (29) «E' di vitale importanza per il fascismo riproporre le forme simboliche sia dei municipi romani che dei comuni medioevali: da qui la giustificazione dell'utopia storica e la incarnazione di una volontà di potenza che si alimenta con la presenza dei monumenti millenari nella loro recuperata integrità depurati da tutte le superfetazioni stilistiche che, specie nel caso del barocco, configurano leziosità ed esaltazione estetica: nemici dichiarati dalla filosofia del ventennio tutta tesa a riscoprire le gesta eroiche della romanità e della stagione delle cruente lotte di potere» (Francesco Tentarelli, "Ciò che è vivo e ciò che è morto nell'arte barocca a Teramo. Note sulla cultura del restauro nel Ventennio" in "Il Duomo di Teramo nel '900 tra forma urbana e società civile", Teramo, Deltagrafica, 1998; vedi anche: Francesco Tentarelli, "Francesco Savini e il restauro delle chiese di Teramo" in "Per una storia d'Abruzzo del XX Secolo", Atti del Convegno su Francesco Savini, Mosciano S. Angelo-Teramo, 5-6 dicembre 2002, Istituto Abruzzese di Ricerche Storiche, Teramo, Edigrafital). |