I NIBELUNGHI


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     «Voi non conoscete Attila», dice egli, «se lo conosceste, gli rifiutereste Crimilde; questo matrimonio vi procurerà gravi preoccupazioni». Ma i fratelli fanno pervenire la domanda di Attila a Crimilde. Dapprima ella rifiuta, pure alla fine si lascia persuadere a ricevere Rüdiger. E quando Rüdiger le dice: «Se, nel paese degli Unni, non avreste che me solo, me ed i miei uomini, fidatevi che, chiunque ardisse farvi del male, lo dovrebbe espiare duramente».
     Allora Crimilde sorge in piedi, animata dalla improvvisa speranza della vendetta, perciò acconsente al matrimonio.
     Alla corte di Attila è ospite Teoderico, il più grande eroe del suo tempo.
     Sono già 26 anni dacchè Siegfried è caduto sotto il tiglio, nella foresta. E il tempo della vendetta è giunto.

     Così ella parla a Attila:
     «Da molti anni sono qui, e nessuno dei miei nobili parenti è mai venuto a visitarmi. Ora non posso più sopportare la lontananza dei miei, perchè già qui dicono che io non ho nessuno al mondo, e che sono certamente una fuggiasca o bandita, senza parenti nè patria».
     Attila è pronto a, fare quanto ella desidera, e allora Crimilde lo prega di invitare i suoi fratelli di Worms a una festa.
     Attila invia due messi a Worms, a invitare i re Burgundi, insieme ai loro uomini, alle feste del solstizio, nel castello di Attila in Ungheria. Quando i messi a Worms espongono la loro ambasciata, per sette giorni i re meditano se deve essere accettata o no. E, infine, benchè Hagen si opponga seriamente, accettano l'invito. I messi di Attila ritornano al loro paese, e annunciano la riuscita della loro ambasciata. Crimilde è piena della spaventevole gioia dello scopo finalmente raggiunto.


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