I NIBELUNGHI


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     La donzella disse:
     «Ascoltatemi dunque. Io stessa ho della seta. Comandate che ci si portino pietre preziose sopra uno scudo, e noi faremo le vesti».
     Gunther e Siegfried furono contenti.
     «Chi sono», domandò la principessa, «i compagni che devono essere vestiti con voi, per andare a questa costa lontana?».
     «Io stesso sono il quarto», disse il re. «Due dei miei uomini mi accompagnano, Dankwart e Hagen. Attenta, cara sorella, a ciò che vi dico. In tempo di quattro giorni ciascuno di noi quattro ha bisogno di tre vestiti diversi e di buona stoffa, perchè possiamo ritornare senza vergogna dal paese di Brunilde».
     Ella lo promise ai cavalieri, e essi presero graziosamente commiato da lei.
     La bella principessa chiamò allora fuori dagli appartamenti trenta giovanette ancelle, che avevano molto ingegno per simili lavori.

     Esse ornarono di pietre preziose le sete d'Arabia, bianche come la neve, e le sete di Zazamanca, verdi come il trifoglio. Ne vennero delle buone vesti. Crimilde la bella le tagliò di sua propria mano.
     Ricoprirono di seta i fornimenti di pelle di pesci rarissimi, che tutti guardavano con meraviglia, si parlava con ammirazione delle belle chiare vesti.
     Dal paese del Marocco e anche della Libia avevano sete in abbondanza, le sete migliori che mai un figlio di re avesse portato. Crimilde lasciava chiaramente vedere il suo affetto per essi.
     Per la loro alta impresa non furono risparmiate anche le pelli d'ermellino, che erano maculate di fiocchi neri come il carbone; gli eroi le portavano volentieri nelle feste di corte.


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