Dopo dodici giorni, come abbiamo udito narrare, i venti li avevano portati molto lontano, verso la fortezza di Isenstein, nel paese di Brunilde. Era un paese sconosciuto a tutti fuorchè a Siegfried.
Quando il re Gunther vide i molti castelli e le ampie marche, disse subito:
«Ditemi, amico Siegfried, conoscete questi luoghi? Di chi sono questi castelli e questo magnifico paese? Confesso che in vita mia non ho veduto mai tanti castelli e così ben costrutti, in nessuno dei paesi da me visitati. Certo fu un uomo possente, colui che potè farli costruire!».
Siegfried gli rispose:
«Io li conosco bene. Sono di Brunilde, i castelli e il paese, e la fortezza di Isenstein; ve lo assicuro, oggi godrete la vista di una grande schiera di donne belle.
«Ma, cavalieri, io vi consiglio, siamo tutti d'accordo, e parliamo nel medesimo senso, questo mi pare necessario. Se oggi saremo alla presenza di Brunilde, dobbiamo stare in guardia. Quando vedremo la bella donna, presso le sue genti, voi, illustri cavalieri, dovete dire tutti la stessa cosa. Cioè che Gunther è il mio signore, e che io sono il suo vassallo; in questo modo egli potrà ottenere ciò che brama».
Tutti erano pronti a fare come egli voleva, nessuno, per malinteso orgoglio, non mancò alla promessa.
Essi parlarono come aveva detto Siegfried, e le cose riuscirono benissimo, quando Gunther fu dinanzi a Brunilde.
«Io non lo faccio soltanto per amor tuo, ma per amore di Crimilde, la bella fanciulla. Essa è l'anima mia e la mia stessa carne, io voglio guadagnarla per averla in moglie».
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