I NIBELUNGHI


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     Poi menò anche il suo proprio cavallo fuori della barca. Mai egli aveva servito così altri guerrieri. Le donne superbe e belle vedevano ciò dalla finestra.
     Gli arditi eroi avevano entrambi cavalli bianchi e vesti bianche come la neve. Gli scudi erano belli, e gettavano vivi splendori nelle mani dei guerrieri.
     E le loro selle erano ornate di pietre preziose, i pettorali erano stretti e da essi pendevano sonagli di oro rosso brillante. Essi giungevano al paese come comandava loro il cuore magnanimo, con le lance affilate da poco, con le loro buone spade, che scendevano sino agli speroni; e le portavano acute e larghissime, quegli uomini valorosi.
     Brunilde vedeva ogni cosa, la fanciulla magnifica.
     Con essi venivano Hagen e suo fratello, Dankwart. Essi portavano vesti nere come ala di corvo, abbiamo sentito raccontare. I loro scudi erano nuovi e forti, buoni e larghi.

     Portavano pietre preziose venute dall'India, che gettavano di tanto in tanto scintillii sulle loro vesti. Essi lasciarono la barca incustodita sul mare, e cavalcarono verso il castello, i buoni e arditi eroi.
     Si videro innanzi ottantasei torri, tre vasti palazzi e una bella sala di marmo magnifico, verde come l'erba del prato. Là sedeva Brunilde col suo seguito.
     Le porte del castello erano spalancate, e tosto loro incontro mossero i guerrieri di Brunilde, a riceverli come ospiti nel paese della loro sovrana. E presero loro gli scudi e i cavalli.
     E uno dei camerlenghi disse:
     «Datemi le vostre spade e le lucide corazze».
     «Queste non le daremo», disse Hagen di Tronje, «le serberemo noi stessi».


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