I NIBELUNGHI


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     E, se Siegfried non gli fosse venuto in aiuto, Gunther vi avrebbe perduto la vita. Egli si accostò non veduto e gli toccò la mano; ma Gunther ne provò grande timore.
     «Chi mi ha toccato?», pensava. E guardandosi intorno non vide nessuno.
     Quello disse:
     «Sono io, Siegfried, il tuo compagno. Non avere alcun timore della regina.
     «Dammi il tuo scudo e tieni a mente ciò che ti dico: Tu farai i gesti, e io l'opera».
     Quando Gunther lo udì fu ben contento.
     «Nascondi le mie arti, e sarà bene per entrambi. Così la regina non sfogherà su di te il suo orgoglio, come ne ha l'intenzione. Vedi con che ardimento osa venirti incontro».
     La splendida fanciulla lanciò con tutte le sue forze lo spiedo contro lo scudo largo e forte che il figliuolo di Sieglinde portava alla sinistra. Le scintille sprizzarono dall'acciaio come spinte dal vento.

     Il ferro attraversò lo scudo, e le scintille sprizzarono dagli anelli.
     Dal colpo i due guerrieri caddero; se non era per il magico cappuccio sarebbero stati uccisi tutti e due.
     A Siegfried uscì il sangue dalla bocca. Ma balzò tosto in piedi.
     Afferrò lo spiedo che aveva attraversato il suo scudo e con forte mano tornò a lanciarlo a lei.
     Pensava:
     «Non voglio colpire la splendida fanciulla».
     Volse dietro la schiena la lama dello spiedo, e lo lanciò sulla corazza di lei dalla parte dell'asta, con la sua forte mano.
     Le scintille sprizzarono dalla corazza come spinte dal vento. Il figlio di Sieglinde aveva colpito bene. Ella non resistette all'urto. In verità Gunther non avrebbe potuto farlo.


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