Era proprio impensierito e dolente. Gli fu recata la sua armatura, che egli indossò prestamente. Ma Hagen era molto in pena.
Il fratello di Hagen, Dankwart, disse:
«Sono pentito nell'anima di questo viaggio. Eravamo pur prodi guerrieri, e una donna ci rovinerà?
«Sono molto spiacente di essere venuto in questo paese. Se mio fratello Hagen e io avessimo le nostre spade, i vassalli di Brunilde andrebbero adagio con la loro insolenza.
«E se avessi giurato mille volte la pace, prima di veder morire il mio signore caro, avrebbe a perdere la vita questa bella donzella».
Disse Hagen suo fratello:
«Vorremmo ben andarcene da questo paese. Se avessimo le nostre armature e le buone spade, la superbia della bella donna si calmerebbe».
La donna udì queste parole e lo guardò sorridendo, di sotto il braccio:
«Poichè si crede così forte, portate la loro armatura, mettete in mano agli eroi le loro armi affilate.
«M'importa lo stesso che siano armati o disarmati», disse la regina, «di quanti conosco non temo la forza; potrei forse impararlo combattendo con lui».
Quando furono recate le armi, Dankwart, l'ardito, arrossì di gioia.
«Ora giocate come vi pare», disse il cavaliere. «Gunther è sicuro; abbiamo di nuovo la nostra spada».
La forza di Brunilde non si mostrò piccola. Le fu portata una pietra pesante, grossa, rotonda e larga. Dodici uomini la portarono.
La preoccupazione dei Burgundi fu grande. Hagen disse forte:
«Ma chi vuole sposare il nostro re? Fosse nell'inferno questa sposa del demonio!».
Ella rimboccò le maniche sulle sue bianche braccia, afferrò lo scudo, impugnò lo spiedo. Era il principio della lotta. Gunther e Siegfried ne furono spaventati.
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