Come Siegfried andò dai Nibelunghi.
Siegfried se ne andò al porto sulla riva col suo cappuccio magico e vi trovò una navicella. Là si nascose il figlio di re Siegmund. La nave lo condusse fuori, come spinta dal vento.
Il timoniere non si vedeva da nessuno, e la nave volava spinta dalle forze di Siegfried; e tutti credevano fosse il vento che la spingeva. No! era Siegfried, il bel figliuolo di Sieglinde.
Nel passaggio di un giorno e di una notte, giunse a un paese di potenza grande. Era certo lungo cento giornate e più; il paese dei Nibelunghi, dove guadagnò l'enorme tesoro.
L'eroe andava solo verso una maremma ampia; legò saldamente la nave, l'ingegnoso cavaliere. Sopra un monte c'era un castello; là chiese ricovero come sogliono fare gli stanchi viandanti.
Giunse alla porta elle era chiusa. Custodivano il loro onore come ancora usa nel paese. Lo sconosciuto cominciò a picchiare al portone. Esso era ben difeso; nell'interno vi era un gigante che faceva la guardia e vicino a lui vi erano sempre le sue armi. Egli disse
«Chi batte così forte, fuori, al portone?».
L'ardito Siegfried allora mutò la propria voce. E disse:
«Sono un cavaliere: apritemi subito, o io farò andare in collera qualcuno qui fuori che vorrebbe riposare e avere la propria camera».
Il portinaio si offese a queste parole.
Il gigante aveva indosso l'armatura; l'elmo sulla testa, e lo scudo ebbe prontamente afferrato; si precipitò al portone.
E come assalì rabbiosamente Siegfried!
E come osava risvegliare tanti bravi guerrieri? Molti rapidi colpi vennero inferti dalla sua mano. Il nobile straniero ne scansò parecchi, tuttavia il portinaio gli ridusse in pezzi i finimenti dello scudo, con una sbarra di ferro. L'eroe cominciò quasi a temere una morte feroce, quando il guardiano picchiò così fortemente su di lui. Ma Siegfried, il suo signore, gli era alla pari.
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