Combatterono con tanto impeto che il castello ne echeggiò.
Nella sala del re dei Nibelunghi se ne udì il lontano frastuono. Ma Siegfried infine domò il portinaio e lo legò. Una simile nuova fu nota in tutto il paese dei Nibelunghi.
Attraverso il monte, Alberico, il valoroso nano, aveva udito da lontano la lotta. Si armò in fretta e accorse là dove trovò il nobile straniero mentre legava il gigante.
Alberico era coraggioso e forte. Portava l'elmo e la corazza e una pesante mazza d'oro. Corse subito dove era Siegfried.
Sette pesanti bottoni pendevano sul davanti dello scudo che era stato quasi fatto in pezzi dal gigante, tanto che l'ospite era quasi in pensiero per la propria vita.
Lasciò andare lo scudo spezzato e rimise nel fodero la sua lunga spada. Non voleva uccidere il custode dei suoi tesori, egli risparmiava la sua gente, come gli imponeva la lealtà.
Assalì con le forti mani Alberico e lo prese per la barba, tirando forte.
Il nano urlò di dolore; questa azione del giovane eroe andò al cuore del vecchio nano.
Gridò allora forte
«Lasciatemi la vita; e se non mi fossi già arreso a un eroe, al quale dovetti giurare di essergli sottomesso, vi servirei sino alla morte», disse l'astuto.
Siegfried legò Alberico come prima il gigante. Ma soffriva dei colpi ricevuti. Il nano domandò «Come vi chiamate?».
Disse:
«Mi chiamo Siegfried, e credo di esservi conosciuto».
Disse Alberico:
«Quando mi giunse notizia delle vostre gesta compresi bene che meritate di essere il signore del paese. Farò quanto comandate; lasciatemi solamente vivere».
|