«Se volete provarvi, ora con voi scommetto.
La fonte sia la mèta. Chi arriva dopo, perde,
e dovrà inginocchiarsi là nel prato in mezzo al verde».
«Ebbene, tenteremo», disse Hagen. «E voglio
correre armato», aggiunse poi Siegfried con orgoglio,
«con lo spiedo, lo scudo e l'armi de la caccia».
E tosto prende il turcasso, e il grande scudo si allaccia.
Solo i camici bianchi vollero i due tenere,
poi fur visti slanciarsi quai selvagge pantere
per il verde trifoglio, con mosse accorte e pronte.
Ma Siegfried veloce fu visto primo a la fonte.
In ogni gara Siegfried fu il primo. Egli si sciolse
la spada e tutte l'armi poi di dosso si tolse.
Appoggiò il forte spiedo al tronco de la pianta,
e presso la fonte attese, bello d'audacia tanta.
Qui si mostrò cortese sì come era valente.
Siegfried pose lo scudo su l'orlo a la sorgente,
ma per quanto la sete lo torturasse assai
fino a che il re non bevve, non volle pur bere mai.
Mal ne fu ripagato. L'acqua era trasparente
e fresca. Il re, chinato, ne bevve lungamente,
e quando ebbe bevuto, si rizzò sodisfatto.
Volentieri ora Siegfried, l'eroe, l'avrebbe pur fatto.
Ma cara ebbe a pagare la propria cortesia.
L'arco e la spada il falso Hagen gli portò via,
afferrò poi lo spiedo, e, cercando il segnale
su la veste, vi scorse la crocellina fatale.
Quando Siegfried a bere pur si chinò veloce
Hagen gli immerse il ferro attraverso la croce.
Sprizzò il sangue dal cuore spaccato su la vesta
di Hagen. Mai guerriero compì azione più funesta.
Egli lasciò lo spiedo infisso a lui nel cuore,
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