I NIBELUNGHI


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     Molte mogli di buoni cittadini piansero con le donne della regina.
     Furono subito chiamati i fabbri e venne loro ordinato di fare una cassa d'oro e d'argento, fortissima, e sprangata di buon acciaio.
     La notte era passata e il giorno si annunziava. Allora la regina ordinò di portare al duomo il corpo di Siegfried, il signore, suo marito diletto. Tutti coloro che le erano amici la seguirono piangendo.
     Quando giunsero alla chiesa, quante campane suonarono! Da ogni parte si udivano i canti dei preti. Vennero anche re Gunther, coi suoi uomini e il feroce Hagen; sarebbe stato più prudente astenersene.
     Egli disse:
     «Cara sorella, qual dolore è il tuo! Avessimo potuto sfuggire a questa immensa sventura! Piangeremo per sempre la morte di Siegfried».
     «Avete torto», disse la donna desolata. «Se ciò vi affliggesse, non sarebbe accaduto. Vi siete dimenticati di me, questo è certo, quando fui separata per sempre dal mio caro marito. Volesse Iddio nel cielo che fossi stata colpita io in vece sua!».

     Essi mantennero le loro menzogne. Allora Crimilde disse:
     «Colui che è innocente può facilmente dimostrarlo. Egli cammini qui, davanti a tutto il popolo; presso alla bara. Si conoscerà subito qual è la verità».
     È un grande prodigio, che però avviene spesso. Quando l'assassino si accosta all'ucciso, le ferite tornano a sanguinare; e così accadde qui. E si riconobbe che Hagen aveva commesso il delitto. Le ferite gettarono sangue come se fossero state recenti.
     Tutti coloro che piangevano piansero assai di più. Il re Gunther parlò:


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