I NIBELUNGHI


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     Ma Gernot disse:
     «Che Dio in cielo non lo voglia! Se anche fossimo mille, morremmo tutti piuttosto che darti in ostaggio uno dei nostri».
     E Giselher disse:
     «Bella sorella mia, come avrei potuto credere di te che mi avresti invitato a venire qui per farmi tanto male? Come ho io meritato la morte dagli Unni? Io ti fui sempre fedele, non ti ho mai fatto dispiacere, e sono venuto alla tua corte nella illusione che tu mi amassi. Facci dunque grazia, ti prego».
     «Poichè dobbiamo morire, non mancheremo ai doveri della cavalleria. Se qualcuno vuol combattere, siamo ancora qua, ma mai mancherò di fede a un amico».
     E Dankwart disse:
     «Mio fratello Hagen non è solo. Quelli che ci negano la pace, se ne pentiranno, e ve ne accorgerete presto».
     Allora la regina disse:

     «Guerrieri, avvicinatevi alla scala, e vendicateci. Non lasciate uscire nemmeno uno dalla sala.
     «Farò appiccare il fuoco ai quattro canti, in tal modo mi vendicherò della mia pena».
     I guerrieri di Attila obbedirono.
     Quelli che erano ancora fuori furono spinti nella sala con colpi e urtoni; ma i principi non si separarono dai loro uomini, e nessuno mancò di fede all'altro.
     La moglie di Attila ordinò di dare fuoco alla sala. Così gli eroi soffrirono il supplizio dell'incendio.
     Il vento che spirava attizzò le fiamme. Mai non vi furono guerrieri più tormentati.
     Molti allora esclamarono.
     «Ahimè, preferiremmo essere morti nella battaglia! Dio abbia pietà di noi, siamo tutti perduti! Che feroce vendetta prende Crimilde di noi!».
     E uno disse:
     «Il fumo e il fuoco ci faranno morire.


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