I NIBELUNGHI


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     Ella trasse quella spada dal fodero. Egli non potè impedirglielo, e, sollevandola con le due mani, gli tagliò la testa.
     Re Attila vide ciò e ne fu molto addolorato.
     «Sciagura!», esclamò il re. «È stato ucciso dalle mani di una donna il più valoroso eroe che mai abbia combattuto in battaglia e portasse scudo. Per quanto io gli sia stato nemico, mi rincresce per lui».
     Maestro Ildebrando disse:
     «Ella non godrà della gioia di averlo osato uccidere. Benchè egli abbia procurato pure a me angoscia e pena, voglio vendicare la morte del nobile eroe di Tronje».
     Egli si slanciò pieno di collera su Crimilde, e le menò un colpo di spada. Il furore di Ildebrando le arrecò la morte. Le sue grida angosciose non le servirono a nulla.
     Da ogni parte giacevano cadaveri. La nobile regina era tagliata in due pezzi.

     Teoderico e Attila piangevano, e lamentavano la morte di tanti parenti e amici.
     Tanta gloria e tanto onore erano finiti nella morte.
     Non v'era persona che non avesse da piangere qualcuno.
     La gioia del re era finita nel dolore, come succede spesso che la disperazione succeda all'allegria.
     Non posso narrarvi quello che accadde in seguito, se non che si vedevano piangere dappertutto pagani e cristiani, cavalieri e donne, e anche belle fanciulle, che avevano perduto quelli che amavano.
     Non vi dirò altro di questo grande dolore.
     Lasciamoli giacer morti coloro che furono uccisi.
     Qualunque cosa sia poi accaduto nella terra degli Unni, qui questa storia finisce; questa è la canzone dei Nibelunghi.
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     INTRODUZIONE


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