I mesi successivi, al di là della delibera comunale, mostrano ancora un andamento alterno per le sorti della chiesa teramana. Il Prefetto Tincani non è rimasto insensibile alle richieste del parroco, così all'inizio dell'anno 1940 sembrano allontanarsi concretamente le dense nubi che gravano sul sacro tempio. Già nell'ultima sua di novembre Lorenzo Di Paolo rivolge al nuovo Prefetto il plauso delle famiglie teramane e la riconoscenza del comitato per i restauri (23) per aver «deciso che la storica chiesa di S. Matteo, tanto necessaria al popolo, sia restaurata e conservata al culto pubblico».
In aprile il nuovo Podestà di Teramo, Maggiore Umberto Adamoli, lascia intendere la salvezza della chiesa, che durante la demolizione del fabbricato ex-convitto dovrà essere chiusa al culto. La preoccupazione per la salvaguardia della staticità della chiesa risulta chiaramente espressa nelle parole del Podestà: «Considerato che la Chiesa è coperta con volta di mattoni, spingente nel fianco della Chiesa che rimarrà libero dopo la demolizione, si rende necessario redigere una sezione trasversale per stabilire se sia il caso o meno di applicare incatenature al Sacro edificio, o ricorrere ad altro espediente tecnico, atto ad eliminare la spinta suddetta». (23) Nel 1940 fanno parte del "Comitato per i Restauri della Chiesa di San Matteo" presieduto da Don Lorenzo Di Paolo: Dott. Vincenzo Savini, Comm. Cesare Forcella, Ing. Nicola Pieranunzi, le signore Raffaella Forcella vedova Colasurdo e Giuseppina De Vico, le signorine S. De Petris, M. Censoni, Adele e Maria Di Paolo. |