Federico Adamoli
LA CHIESA PERDUTA
(La vicenda della Chiesa di S. Matteo di Teramo)


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     Alcuni giorni dopo il Podestà Adamoli comunica al Prefetto Tincani che per la demolizione della chiesa, nel rispetto del Concordato tra Santa Sede ed Italia, sono stati raggiunti accordi con l'autorità ecclesiastica, «la quale ha dato alla demolizione medesima il suo pieno consenso»; ma non affermerebbe il vero poiché l'avvocato Attilio Masi, su incarico del Vescovo Micozzi, fa sapere alle due massime autorità locali che il prelato, riguardo alla demolizione, ha ricevuto dalla Santa Congregazione del Concilio (nella persona del Cardinale Francesco Marmaggi) la disposizione di sospendere tutto, perché essa sola è competente in materia. E' l'estremo espediente legale tentato dal Vescovo per invalidare ed interrompere le procedure in atto, al fine di salvare la chiesa?

     La deliberazione ecclesiastica adottata dal Capitolo aprutino negli ultimi giorni del 1938, nella quale venne raggiunto il consenso unanime, rappresenta il documento ufficiale sul quale il Comune fonda l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, ma non sarebbe che un assenso di massima, cui avrebbero dovuto seguire ulteriori atti tra le parti; a tale riguardo non mancheranno ulteriori precisazioni da parte dell'avvocato Masi.
     Gli animi si scaldano perché il Prefetto Tincani invita il Podestà Adamoli a favorire «precise e sollecite spiegazioni» in quanto la comunicazione dell'avvocato Masi circa l'approvazione ecclesiastica «è in assoluto contrasto con quanto Voi mi avete partecipato». Questi conferma nuovamente l'esistenza del consenso e lo spiega espressamente: nel momento in cui si stabilì la costruzione della nuova sede dell'I.N.F.I.L. furono intrattenuti i rapporti con il Vicario Generale della Curia Giovanni Muzj il quale assicurò che il Vaticano aveva dato la sua autorizzazione. Precisa che in effetti non esiste alcun atto scritto del consenso (ma al Comune non era nota la delibera della Curia?) e lo stesso progetto di costruzione della sede dell'I.N.F.I.L. fu poi abbandonato perché l'Istituto non ritenne più di costruire a Teramo la propria sede.


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