habèmus papam (o habèmus pontificem)
Latino: abbiamo il Papa, il Pontefice. Pomposo e ironico commento a una nomina o elezione, e tanto maggiore è l’ironia quanto minore è l’importanza della carica in palio. In senso proprio, habemus papam è la formula di rito con cui, al termine del conclave, viene annunciata al popolo l’elezione del nuovo Pontefice.
happy end (pron. “hèpi énd”)
Inglese: lieto fine. Anglicismo inutile (come tanti altri) usato con valore ironico a proposito del gratuito e spesso zuccheroso scioglimento di una trama narrativa, in genere cinematografica, imposto agli autori dall’industriale, editore o produttore. per aumentare gli incassi soddisfacendo i gusti del pubblico più
numeroso e sprovveduto. Nell’espressione è implicito un giudizio negativo, un’accusa di banalità e ipocrisia.
hic et nunc (pron. “ik et nùnk”)
Latino: qui e ora. Si dice da parte di chiunque per esigere perentoriamente e immediatamente qualcosa, o da parte del subordinato per promettere al superiore la pronta esecuzione degli ordini impartiti.
hic manèbimus òptime (pron. “ik...”)
Latino: qui rimarremo ottimamente. Racconta Livio (Ab urbe còndita, V, 55) che, dopo l’in-cendio di Roma da parte dei Galli (390 a.C.), un centurione fece fermare i suoi soldati accanto alla Curia dicendo al vessillifero di piantare li l’insegna, ché vi sarebbero stati benissimo. I senatori, riuniti proprio in quel momento nella Curia per decidere se si dovesse o meno trasferire la capitale a Veio, udite tali parole, le interpretarono come un monito degli dei contro il progettato trasferimento. E Roma rimase a Roma. La frase fu ripetuta da Quintino Sella quando la Città fu proclamata capitale d’Italia, da Gabriele D’Annunzio durante l’impresa di Fiume, e la si ripete ancora oggi in meno storiche circostanze: per esempio quando si è trovato un buon tavolo al ristorante o qualche altra sistemazione gradita.
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