K
kamikaze
Giapponese: vento divino. Così erano chiamati i piloti suicidi giapponesi che, durante la Seconda guerra mondiale, si immolavano lanciandosi col loro aereo carico di esplosivo contro gli obiettivi, che erano soprattutto le navi americane. Il termine è entrato in molte lingue, compresa la nostra, a designare chi si comporta in modo temerario, rischiando troppo. Nello sport è un kamikaze, per esempio, il portiere che si getta a valanga sui piedi degli attaccanti avversari per acchiappare il pallone ed evitare la segnatura.
kapùtt
Tedesco: rovinato, finito. Aggettivo assai noto durante e dopo le due guerre mondiali e ancora usato dalle generazioni meno giovani. Derivato dall’italiano far cappotto , significa “distrutto, in rovina, finito, morto”. Fu preso a titolo di un suo libro (1945) sulla tragedia della Seconda guerra mondiale da Curzio Malaparte.
kermesse (pron. ”kermès”)
Generalmente questo termine si incontra nelle cronache sportive con il significato di avvenimento eccezionale, di una vera festa dello sport con grande partecipazione ed entusiasmo popolare. È usato soprattutto a proposito del ciclismo. Kermesse, propriamente, è il nome della sagra parrocchiale in onore del santo patrono, ricca di folclore, che si tiene nei Paesi Bassi e in alcune zone settentrionali della Francia.
kidnapping (pron. ”kidnepin”)
Inglese. Anche questo termine ha trovato cittadinanza nei giornali, nella cronaca nera, e indica il rapimento di una persona (soprattutto di bambini) per estorcere un riscatto. Chi commette questo crimine è un kidnapper. Il più famoso kidnapping (che “lanciò” la parola nell’uso italiano) fu quello di Baby Lindbergh (1932), il figlio del primo trasvolatore dell’Atlantico. Ma il vocabolo risale al Seicento, e già allora indicava il ratto di bambini e ragazzi che venivano venduti ai capitani delle navi inglesi in partenza per le Americhe.
|