I NIBELUNGHI


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     «Verranno qui fra dodici settimane; se avete buoni amici, provvedetevi perchè vi aiutino a pacificare i castelli e il paese; qui saranno frantumati molti elmi e molti scudi. Ma, se preferite negoziare, fatelo apertamente. E allora non vi verranno addosso tante schiere di forti nemici che vi daranno grande pena e per cui tanti cavalieri periranno nella pugna».
     «Aspettate un momento, vi dirò il mio pensiero», disse il re benevolmente: «prima di decidere mi consulterò coi miei fedeli; comunicherò loro questa grave imbasciata».
     Molto ne era spiacente il possente re Gunther; egli portava segretamente nel cuore la parola dei messaggeri. Fece chiamare Hagen e altri suoi vassalli e mandò pure per Gernot. Vennero dunque i migliori, quanti se ne trovarono. Disse:

     «I nemici vogliono invadere il paese con forti eserciti. E noi non ne abbiamo nessuna colpa».
     Gernot disse:
     «Ci opporremo con le nostre spade. Quelli che morranno lasciamoli giacere; io non dimenticherò il mio onore. I nostri nemici siano i benvenuti».
     Hagen di Tronje disse:
     «Non mi piace questo. Lüdegast e Lüdeger sono pieni di insolenza. Noi non possiamo radunarci in così breve tempo. Ditelo a Siegfried», disse l'ardito cavaliere.
     I messaggeri intanto furono ospitati nella città. Il ricco Gunther ordinò che fossero ben trattati, per quanto nemici. Intanto egli andava provando su quali amici poteva contare per aiuto. Nel cuore del re c'era pena e ansia. Un cavaliere, che non sapeva perchè egli fosse così triste, pregò re Gunther di dirgliene la cagione. E questi era Siegfried.


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