I NIBELUNGHI


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     «Benvenuto, signore Siegfried, eroe senza pari. Dove è rimasto mio fratello Gunther, il re potente? Temo che sia stato vinto dalla forza di Brunilde. Ahimè, perchè sono nata, io, povera fanciulla?».
     Disse l'ardito cavaliere:
     «Datemi il pane dei messaggeri: Voi piangete inutilmente, belle signore. Vi faccio noto che io lo lasciai ottimamente. I due sposi mi hanno inviato qui con la notizia.
     «Egli e la sua cara, o nobilissima signora mia, vi offrono i loro servigi con amore; non piangete più; verranno tra poco».
     Da molto tempo esse non avevano udito una così cara novella.
     Col lembo della candida veste asciugò i suoi begli occhi. Crimilde incominciò a ringraziare il messaggero di tale notizia. La grande tristezza e il pianto erano finiti.
     Fece sedere il messaggero, e l'amabile fanciulla disse:

     «Non mi spiacerebbe di offrirvi come premio del messaggio il mio oro. Ma voi siete troppo in alto, e non posso che dirvi che vi sarò sempre grata».
     «E se anche possedessi trenta regni», disse egli, «riceverei volentieri il dono dalla vostra mano».
     Allora la gentile disse:
     «Ebbene, sia».
     E comandò al suo camerlengo di recare il premio del messaggero.
     Gli diede in premio ventiquattro fibbie d'oro con pietre preziose. Ma l'eroe non aveva l'intenzione di ritenerle; egli le diede subito alle belle donzelle, che trovò nella camera.
     Anche la madre gli offrì i suoi servigi.
     «Devo dirvi ancora», disse Siegfried, «ciò che desidera il re, quando sia di ritorno; e se lo fate, o signore, egli vi sarà sempre grato. Egli desidera che voi accogliate bene i suoi ricchi ospiti, e vi prega molto di andargli incontro sulla riva di Worms. Ecco ciò di cui il re vi fa calda preghiera».


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