I NIBELUNGHI


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     «Se non volete credere a quanto vi ho detto, udite le grida di Crimilde e delle sue donne, che piangono la morte di Siegfried».
     Siegmund si spaventò fortemente, una terribile angoscia si impadronì di lui.
     Scese dal letto e, accompagnato da cento uomini, che si armarono delle loro spade, accorse presso Crimilde. Appena la vide piangente in mezzo alle sue donne, esclamò:
     «Ahimè, come fu funesto questo viaggio nel paese tuo! Chi dunque ha potuto assassinare il tuo sposo, il figlio mio, in mezzo a amici tanto devoti?».
     «Se giungo a conoscerlo», disse la nobile regina, «il mio cuore e il mio braccio non gli perdoneranno mai. Io gli darei tanti tormenti, che per causa mia i suoi amici dovrebbero piangere di dolore».
     Il re Siegmund prese tra le sue braccia il principe morto. I pianti dei suoi amici erano così forti che il palazzo, le sale e la grande fortezza di Worms echeggiavano delle loro grida lamentose.

     Nessuno poteva consolare la moglie di Siegfried.
     Il corpo dell'eroe fu spogliato delle sue vesti; la sua ferita fu lavata, e lo posero sopra la bara. Quanto grande era il dolore delle sue genti!
     I guerrieri del paese dei Nibelunghi parlavano fra di loro:
     «La nostra mano è pronta a vendicarlo. Colui che l'ha colpito è in questa casa».
     Tutti gli uomini di Siegfried corsero a armarsi. Quegli uomini valorosi giunsero in numero di milleduecento. Il re Siegmund era alla loro testa. Egli voleva vendicare la morte del figlio, come l'onore gli imponeva.
     Essi non sapevano chi assalire, a meno che non fosse Gunther e i suoi seguaci, che avevano accompagnato Siegfried alla caccia.


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