I NIBELUNGHI


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     In quei quattro giorni, ho udito dire, furono dati ai poveri, per l'anima sua, trentamila marchi e più. Ma il suo gagliardo corpo, la sua bellezza e la sua vita erano distrutti.
     Quando fu cantato il servizio divino la folla del popolo si torceva le mani per il dolore.
     Fu portato il corpo dal duomo al cimitero. Non si udiva altro che pianti e lamenti.
     Il popolo seguiva in corteo, con grida di dolore. Non vi era nessuno lieto, nè donne nè uomini.
     Prima di porlo sotterra fu letto e cantato ancora assai. Oh, quanti buoni preti si videro alla sua sepoltura! Quando la moglie di Siegfried volle accostarsi alla fossa una tale disperazione strinse il suo cuore fedele, che dovettero versarle addosso, più volte, l'acqua del pozzo. La sua desolazione era oltre ogni misura. È un miracolo se potè riprendere le forze.

     Molte donne gemevano e si lamentavano insieme a lei.
     «O voi, uomini del mio Siegfried», parlò la regina, «fatemi una grazia con cuore pietoso.
     «Datemi nel mio dolore una breve consolazione. Lasciate che io veda ancora una volta il suo bel viso».
     E pregò tanto, e con tanti lamenti, piangendo, che si dovette rompere il magnifico feretro.
     La menarono là dove egli giaceva.
     Ella sollevò la sua testa con le sue bianche mani, e lo baciò così, morto, il nobile e buon cavaliere. I suoi occhi brillanti piansero sangue per l'inenarrabile dolore.
     Fu una separazione straziante.
     La portarono via; ella non poteva camminare.
     Cadde priva di sensi la bellissima donna.
     Il suo corpo grazioso pareva soccombere alla disperazione.


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