I NIBELUNGHI


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     S'io fossi un uomo al Reno sarei certo da sola andata.

     «E al mio nobil fratello Gernot direte ancora
     che solo di vederlo ora il mio cuore implora
     coi migliori fra i nostri amici. E così allora
     sarà reso molto onore a la nostra dimora.

     «E a Giselher direte che mai nessuna noia
     per sua colpa non ebbi a soffrir, che con gioia
     lo vedranno i miei occhi. Poichè sinceramente
     mi fu amico e fratello, l'amo io pur teneramente.

     «Dite pure a mia madre che io sono qui tenuta
     in onor. Ma badate che, se Hagen rifiuta
     di accompagnarli, allora per queste estranee strade
     chi potrebbe guidarli? Ei conosce le nostre contrade».


     VENTIQUATTRESIMA AVVENTURA

     Come Werbel e Schwemmel portarono l'imbasciata.

     I due messi cavalcarono in fretta verso il paese dei Burgundi. Per via si fermarono a Bechlar dove furono ospitati da Rüdiger e Gotelinde, che li incaricarono dei loro saluti per i signori sul Reno.

     Nella Baviera trovarono il buon vescovo fratello di Ute; che cosa disse loro di recare ai suoi amici, non lo so; ma donò del suo oro ai due messi.
     E poi li congedò dicendo:
     «Sarei contento di vedere qui i figliuoli di mia sorella; assai raramente posso io andare fino al Reno». Continuarono indisturbati il loro cammino e dopo dodici giorni giunsero sul Reno a Worms. Il re Gunther, fu avvertito e domandava:
     «Chi conosce questi ospiti forestieri?».
     Nessuno li conosceva, ma quando Hagen li vide, disse:
     «Avremo delle novità, oggi. Quelli sono i suonatori di re Attila. È vostra sorella che li ha mandati».
     I messi furono accolti nella sala del re. Hagen mosse tosto loro incontro, e il re disse:


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