I NIBELUNGHI


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     «Benvenuti, suonatori, sudditi di Attila. Perchè il re vi ha mandati qui nel paese dei Burgundi?».
     Si inchinarono al re e Werbel disse:
     «Il mio caro signore e la sorella vostra, Crimilde, vi offrono i loro servigi. Stanno bene e vivono in gioia».
     Anche i due giovani re erano accorsi a udire le notizie. E Giselher salutò molto cordialmente i due messi. Schwemmel disse:
     «Non potrei esprimervi con le mie parole quali affettuosi saluti vi mandino Attila e la vostra nobile sorella. La regina vi dice che il suo cuore e i suoi sentimenti sono sempre tutti per voi. Sopratutto, signor re, noi siamo inviati qui perchè voi vi degnate di venire nel paese di re Attila. E con voi cavalcheranno pure il signore Gernot e Giselher. Attila, il gran re, vi manda questo a dire; e, se voi non andrete a vedere la sorella vostra, egli vorrebbe sapere perchè evitate così il suo paese?».

     Disse re Gunther:
     «Dopo la settima notte, vi dirò quello che avrò deciso col consiglio degli amici, frattanto recatevi nel vostro albergo e riposate bene».
     Ma Werbel domandò di parlare alla regina Ute, e Giselher cortesemente li accompagnò da sua madre, che li ricevette con piacere. E Schwemmel le diede nuove di Crimilde.
     «Fatemi sapere», disse Ute, «quando vorrete ripartire; da molto tempo non vidi messaggeri più graditi di voi».
     Gunther frattanto aveva radunato i suoi amici, e domandava a ciascuno personalmente la propria opinione. Tutti rispondevano che era bene accettare l'invito di Attila. Soltanto Hagen ne soffriva atrocemente. Egli parlò in segreto al re:


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