I NIBELUNGHI


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     tutti armati e con splendidi equipaggi. Coloro
     che rimasero piangere dovevano poi su di loro.

     Bagagli ed equipaggi furon portati a corte,
     Il vescovo di Spira disse a Ute: «La sorte
     degli amici che partono mi occupa il pensiero.
     Voglia il Signore guardarli nel paese straniero!».

     Ute, la buona, disse ai suoi figliuoli allora:
     «Vogliate, cavalieri, fare con noi dimora.
     Non partite. Ho sognato stanotte un sogno brutto:
     gli uccelli del paese cadean morti dappertutto».

     «Chi dei sogni si fida», disse Hagen, «non sa
     sul conto dell'onore mai dir la verità.
     Io desidero invece che prendano commiato
     i miei signori e partano, come già abbiamo fissato.

     «Al paese di Attila noi andiam volentieri.
     Là i lor re serviranno valenti cavalieri,
     come si vedrà ben di Crimilde a la festa».

     Hagen si pentì poi de la parola funesta.

     Mai non avrebbe dato questo fatal consiglio,
     se non era di Gernot lo schernevole piglio;
     ricordandogli Siegfried gli diceva il signore:
     «Hagen non vien con noi, perchè di Crimilde ha timore».

     Ma Hagen rispondeva: «Non mi trattien paura,
     comandate e con voi correrò l'avventura,
     vi seguo volentieri in lontane contrade».
     Quanti elmi spezzò dappoi, quanti scudi e spade!

     Le navi erano preste per il lungo viaggio,
     e ognuno si dispose il suo proprio equipaggio.
     Il lavoro durò fino a notte, si dice,
     ciascuno di partire era contento e felice.

     Di là del Reno alzarono le tende e i padiglioni
     e colà si accamparono gli scudieri e i baroni
     la notte. Solo Gunther rimase con Brunilde.
     Come li separò poi crudelmente Crimilde!


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