I NIBELUNGHI


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     I figli d'Ute avevano un amico sincero,
     a loro assai devoto, un forte e buon guerriero;
     parlò quegli a re Gunther quel giorno in confidenza:
     «Una gran pena, signore, mi fa la vostra partenza».

     Si chiamava Rumold il forte e buon guerriero.
     Disse al re: «Perchè andare in paese straniero?
     Lasciare il vostro regno, la moglie, il figlioletto?
     Dai messaggi di Crimilde poco di buono aspetto!».

     Disse Gunther: «Ti affido le donne, il figlio e il regno,
     tu servili con zelo, è questo il mio disegno.
     Consola tu chi piange, nè temere per noi.
     Crimilde non fa alcun male ai parenti suoi».

     Ma gli addii furono assai dolorosi. Si udivano pianti e lamenti. La regina portò in braccio il suo bambino al re, e disse gemendo:
     «Perchè volete renderci orfani entrambi in una volta? Rimanete qua per amor nostro!».

     «Donna, non dovete piangere per amor mio. Rimanete qui tranquilla, senza timore. Presto ritorneremo tutti con gioia».
     Quando i prodi cavalieri furono a cavallo, molte donne rimasero immerse nel dolore. Il cuore diceva loro che si separavano per sempre. Ma i Burgundi partirono allegri.
     Con loro andavano pure mille guerrieri nibelunghi, portanti lo scudo; questi avevano lasciato a casa le loro belle mogli, e non le rividero mai più.
     In quei tempi la fede era debole ancora; però un cappellano era con loro, è diceva messa. Quello ritornò sano indietro, benchè con grave pena; tutti gli altri rimasero morti nel paese degli Unni.
     Al dodicesimo giorno giunsero al Danubio.
     Hagen di Tronje precedeva la schiera, spesso incoraggiando i Nibelunghi.


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