I NIBELUNGHI


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     Gli uomini si lagnavano della stanchezza. Ma Dankwart disse:
     «Non ci sono alberghi qui. Dobbiamo cavalcare tutti fino al mattino. Allora ci butteremo sull'erba».
     Rimasero così tutti bagnati di sangue, finchè il sole non splendette raggiante sui monti; allora il re vide che avevano combattuto, e disse adirato:
     «Ebbene, amico Hagen, chi vi ha fatto questo?
     E Hagen gli riferì i particolari della lotta notturna.
     Giunsero quindi a Passau, dove lo zio dei re, il vescovo Pilgrin, li accolse affettuosamente. Là rimasero un giorno e una notte. Poi ripartirono e arrivarono nel paese di Rüdiger. Sul confine trovarono un uomo addormentato, al quale Hagen tolse la spada. Questo buon cavaliere si chiamava Eckewart, e aveva da guardare il confine del paese di Rüdiger.

     «Ahimè!», disse egli, «quale onta per me! O Rüdiger, ho agito male verso di te!».
     Allora Hagen gli ridiede la sua spada. Eckewart lo ringraziò e disse:
     «Mi rammarica il vostro viaggio fra gli Unni. Voi uccideste Siegfried; di ciò vi si porta ancora odio; fate attenzione a voi, ve lo consiglio lealmente».
     «Dio ci guardi», rispose Hagen, «ma intanto abbiamo bisogno di un luogo per riposare; i cavalli sono rovinati per il lungo cammino; siamo privi di viveri, ci occorrerebbe un oste generoso».
     Eckewart disse:
     «Io vi condurrò da un tale oste; nessuno potrebbe accogliervi meglio di lui, se volete accettare l'ospitalità di Rüdiger. Egli abita su questa strada; il suo cuore è illuminato dalla bontà, come il dolce raggio della luna di maggio illumina l'erba e i fiori».


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