Il re guardò Hagen; il discorso gli spiacque. Se anche non rispose nulla, ne fu colpito nell'anima. Anche a tutti i suoi vassalli dolse ciò che Hagen aveva detto del fanciullo, e gli serbarono rancore; avrebbero voluto punire il cavaliere, non sapevano ciò che presto doveva accadergli.
TRENTADUESIMA AVVENTURA
Come Blödel combattè contro Dankwart.
Blödel, con mille armati, entrò nell'alloggiamento dove sedeva a tavola Dankwart, coi servi. Il maresciallo Dankwart lo accolse affabilmente e disse:
«Benvenuto, mio signore Blödel; mi meraviglia la vostra visita; che nuove portate?».
«Non occorre che tu mi saluti», disse Blödel, «la mia venuta segna la tua fine, perchè Hagen, tuo fratello, uccise Siegfried. Tu e gli altri lo sconterete fra gli Unni».
«No, mio signore Blödel», disse Dankwart, «quando Siegfried perdette la vita io ero ancora un fanciullo; non so che voglia da me la moglie di Attila».
«Io non so altro», disse Blödel, «i tuoi amici lo fecero, e sconterete con la morte l'offesa».
«Ah, se è così», disse Dankwart, «potevo risparmiare le mie parole!».
Balzò dalla tavola, con una lunga arma affilata, e di colpo la testa di Blödel gli cadde ai piedi con tutto l'elmo.
Gli uomini di Blödel si gettarono ferocemente sui servi, ma Dankwart gridò loro:
«Difendetevi fino alla morte!».
Coloro che non avevano armi afferrarono sedie e sgabelli e con essi battevano gli Unni; ne uccisero molti e gli altri furono spinti fuori. Ma quando gli uomini di Attila seppero della morte di Blödel si armarono in numero di più di duemila e assalirono i Burgundi. A che giovarono la forza e l'ardire? I poveri servi furono tutti uccisi. Solo Dankwart rimase a combattere ancora, contro gli Unni, che gli erano addosso; egli riuscì a guadagnare la porta, sempre difendendosi, ma altri numerosi guerrieri lo assalirono fuori.
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