I NIBELUNGHI


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     Egli disse:
     «Oh, se potessi mandare un messo a mio fratello Hagen!».
     E gli Unni dissero:
     «Sarai tu medesimo il messo, quando ti porteremo morto davanti a tuo fratello».
     Ma il valoroso Dankwart, benchè privo di scudo, teneva testa ai suoi assalitori, colpendo elmi e corazze, battendosi furiosamente, come il cinghiale contro la muta dei cani. Riuscì a farsi strada fra i suoi nemici e a giungere fino alla sala dove Attila sedeva.


     TRENTATREESIMA AVVENTURA

     Come i Burgundi combatterono con gli Unni.

     Quando il prode Dankwart apparve sulla porta egli era tutto intriso di sangue e portava in mano la spada nuda. Proprio in quel momento il fanciullo Ortlieb era portato da una tavola all'altra ai principi e signori.
     Dankwart gridò forte:
     «Fratello Hagen, state troppo a lungo in riposo. A voi e a Dio nel cielo accuso il mio affanno! Cavalieri e servi sono tutti morti nell'albergo».

     «Chi ha fatto ciò?».
     «Blödel, coi suoi; ma io l'ho ripagato; con queste mani gli ho tagliato la testa».
     Disse Hagen:
     «Fratello, perchè siete così rosso? Vi hanno ferito?».
     «No, io sono bagnato del sangue di tanti che ho ucciso, non saprei dirne il numero.
     «Fratello Dankwart, custodite la porta che nessun unno entri» disse Hagen.
     Tali parole dispiacquero alla gente di Crimilde.
     «Vorrei sapere che cosa dicono gli Unni all'orecchio», disse Hagen; «da tempo sapevo che Crimilde medita la sua vendetta. Suvvia, facciamo un brindisi e paghiamo il vino di Attila; il giovane principe degli Unni sarà il primo».
     Hagen colpì il fanciullo Ortlieb, tanto che dalla sua spada gli scorse il sangue sulle mani, e il capo rotolò in grembo alla regina.


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