I NIBELUNGHI


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     «Aiutatemi a salvare la vita, nobile eroe! Se Hagen mi raggiunge, sono morta!».
     «Come posso aiutarvi, nobile regina?», disse Teoderico, «devo guardarmi io stesso».
     «Teoderico, nobile cavaliere», ripetè Crimilde, «aiutate me e il re a metterci in salvo!».
     «Vedrò se sarà possibile», rispose il cavaliere. E cominciò a chiamare a gran forza; la sua voce risuonava come da un corno di buffalo, tanto che re Gunther pur nell'aspra battaglia la udì, e si pose in ascolto:
     «È giunta ai miei orecchi la voce di Teoderico. Certo i nostri guerrieri hanno ucciso qualcuno dei suoi. Lo vedo ritto sulla tavola far cenno con la mano. Fermatevi, cugini e amici di Burgundia, udiamo ciò che egli dirà».
     Al comando di Gunther le spade si abbassarono, e il re domandò a Teoderico che volesse dire.

     Egli parlò:
     «Nobilissimo Teoderico, che vi hanno fatto i miei amici? Sono disposto a pagare ogni danno».
     Disse il nobile Teoderico:
     «Nessuno mi ha fatto nulla. Lasciatemi soltanto uscire di qui coi miei uomini, e saremo sempre disposti a servirvi».
     Disse re Gunther:
     «Siete libero di farlo e conducete con voi chi volete, meno i miei nemici; essi rimarranno qui».
     Quando Teoderico udì ciò cinse con un braccio la regina, che era piena di angoscia, con l'altro prese Attila, e uscì, seguìto da seicento uomini suoi.
     Allora Rüdiger, il margravio, disse:
     «Ditemi se anche qualche altro che sempre vi fu fedele può uscire da questa casa».
     Giselher rispose tosto:
     «Sempre voi foste con noi in pace e fedeltà, uscite pure, senza timore, voi e i vostri amici».


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