I NIBELUNGHI


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     Rüdiger e circa cinquecento uomini lasciarono la sala. Quando Attila uscì dalla casa disse:
     «Ahimè! gli ospiti miei, e tanti miei cavalieri morti! Ahimè, il banchetto di corte!».
     Teoderico e Rüdiger ritornarono ai loro alberghi, e comandarono ai loro uomini di tenersi lontani dalla pugna. Ma, se gli ospiti stranieri avessero saputo quali mali avrebbero ancora ricevuto dai due, non li avrebbero lasciati andar via così facilmente.
     Nella sala intanto la mischia fu ripresa ferocemente. Nessuno degli Unni rimase in vita. Quando tutti furono uccisi si fece un po' di calma e i guerrieri deposero le spade.


     TRENTAQUATTRESIMA AVVENTURA

     Come gettarono i morti fuori della sala.

     Allora la stanchezza li vinse e si sedettero. Volker e Hagen si portarono davanti alla casa e si appoggiarono ai loro scudi discorrendo allegramente.

     Giselher disse ai suoi:
     «Non dobbiamo ancora pensare al riposo. Bisogna portar fuori questi morti e non tenerli più qui fra i piedi. E prima che gli Unni a stormi ci assalgano nuovamente, dobbiamo dar loro qualche buon colpo».
     Hagen approvò il consiglio, e tutti portarono fuori i cadaveri, settemila morti! li posero davanti alla porta e li lanciarono giù dalla scala. Che urlo di dolore si levò tra i loro amici!
     E non tutti erano morti. Qualcuno era soltanto ferito e avrebbe potuto essere curato, ma dal lancio giù dalla scala ebbe la morte.
     Volker allora, il suonatore, disse:
     «Mi han detto la verità che gli Unni sono vili; si lamentano come le donne e dovrebbero invece curare i loro feriti».


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