I NIBELUNGHI


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     «Ditemi, Ildebrando, come siete così insanguinato? Chi vi ha fatto ciò? Certamente avete combattuto con gli ospiti nella sala, nonostante il mio divieto?».
     Ildebrando rispose al suo signore:
     «È stato Hagen. Egli mi ha fatto questa profonda ferita, e appena ho potuto sfuggire con la vita al diavolo».
     Disse quello da Verona:
     «L'avete meritato, perchè mi avete udito promettere amicizia ai cavalieri, e voi rompeste la pace da me a loro offerta. Meritereste di espiarlo con la morte».
     «Non serbatemene rancore, signore Teoderico; a me e ai miei amici il male è troppo grande. Volevamo portare fuori della sala Rüdiger, e i vassalli di Gunther non lo permisero».
     «Ahimè, quale pena! Dunque Rüdiger è morto? Gotelinde è figlia di mia cugina... Ahimè, gli orfani rimasti a Bechlar!».

     E Teoderico cominciò a piangere.
     «Ahimè! egli mi era un aiuto così fedele! Sapete dirmi, Ildebrando, il nome del cavaliere che lo ha ucciso?»
     Ildebrando disse:
     «Fu Gernot, e egli stesso morì per mano di Rüdiger».
     Disse Teoderico:
     «Dite ai miei uomini di armarsi; io stesso andrò là. Fatemi portare la mia armatura; voglio parlare con gli eroi della Burgundia».
     Parlò Ildebrando:
     «Chi deve andare con voi? Quelli che rimasero in vita li vedete innanzi a voi; sono io il solo; gli altri sono morti».
     Il re si spaventò a tale nuova, mai non aveva avuto a soffrire più acerbo dolore.
     Disse:
     «Se tutti sono morti i miei guerrieri, Dio si è dimenticato di me, misero Teoderico! Ma come han potuto morire quegli eletti cavalieri per mano di coloro che erano pure stanchi di combattere e pieni di affanni? E degli ospiti rimase qualcuno in vita?».


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