Il nobile Teoderico pensava:
«Le fatiche e i disagi ti hanno indebolito; avrei poco onore a darti la morte. Voglio soltanto tentare se mi riesce di domarti e di costringerti a darti come ostaggio».
Lasciò cadere lo scudo; la sua forza era grande; cinse con le sue braccia Hagen di Tronje e lo ridusse all'impotenza.
A vedere ciò Gunther fu molto afflitto. Teoderico legò Hagen e lo menò a Crimilde, così le diede nelle mani il più ardito cavaliere che mai portasse le armi.
Ella ne fu molto lieta.
La moglie di Attila nella sua gioia si inchinò al guerriero:
«Che tu possa essere sempre felice di animo e di persona, tu mi hai ricompensato di ogni mio dolore; te ne sarò riconoscente sino alla morte».
Disse allora Teoderico:
«Lasciatelo in vita, nobile regina; può darsi che i suoi servigi riscattino il male che vi ha fatto».
Ella fece condurre Hagen in una prigione e lo chiuse là dentro. Gunther allora gridò:
«Dov'è l'eroe di Verona? Egli mi ha fatto dolore».
Teoderico subito gli mosse incontro e anche quei due cavalieri combatterono fra di loro. Ma Teoderico fu anche questa volta vincitore.
Il re fu legato per mano di Teoderico, e così legato lo prese per mano e condusse a Crimilde, la quale lo salutò dicendo:
«Re Gunther, siatemi il benvenuto».
Egli disse:
«Nobile sorella mia, vi ringrazierei se il vostro saluto fosse benevolo. Ma conosco il vostro animo iracondo, e so che a me e a Hagen questo saluto lo fate solo per scherno».
Allora parlò l'eroe di Verona:
«Moglie del re nobilissimo, mai non vi furono qui come ostaggi cavalieri più valorosi e buoni, di quelli che oggi vi ho consegnati, o illustre regina. Ora, per l'amicizia mia, trattate umanamente questi guerrieri».
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