Questa azione sembrava molto prudente: non voleva scandalizzare gli ebrei cristiani suoi compagni; ma san Paolo insorse contro di lui con una certa durezza. «Io gli resistetti,» dice nella sua Epistola ai Galati (cap. II), «perche' il suo comportamento era biasimevole.»
Questa disputa sembra tanto piu' straordinaria da parte di san Paolo, in quanto, essendo stato dapprima un persecutore dei cristiani, avrebbe dovuto essere piu' moderato, e in quanto lui stesso si era recato a sacrificare nel tempio a Gerusalemme, aveva circonciso il suo discepolo Timoteo, e aveva compiuto quei riti ebraici che ora rimproverava a Cefa. San Girolamo sostiene che quella lite fra Paolo e Cefa era finita. Egli dice nella prima delle sue Omelie, tomo III, che essi fecero come due avvocati che si scaldano e si tirano stoccate in tribunale per avere maggiore autorita' sui loro clienti; e che, Pietro Cefa essendo destinato a predicare agli ebrei e Paolo ai gentili, finsero di litigare, Paolo per conquistare i gentili, e Pietro gli ebrei. Ma sant'Agostino non e' affatto di questo avviso: «Mi dispiace,» scrive nella sua Epistola a Gerolamo, «che un cosi' grande uomo si faccia patrono della menzogna, patronum mendacii.»
Del resto, se Pietro era destinato agli ebrei giudaizzanti e Paolo agli stranieri, e' assai probabile che Pietro non sia mai venuto a Roma. Gli Atti degli Apostoli non fanno nessuna menzione del suo viaggio in Italia. Comunque, fu verso l'anno 60 della nostra era che i cristiani cominciarono a separarsi dalla comunione giudaica; e questo attiro' su di loro una quantita' di dispute e persecuzioni da parte delle sinagoghe diffuse a Roma, in Grecia, nell'Egitto e nell'Asia. Essi furono accusati d'empieta', di ateismo dai loro fratelli ebrei, che li scomunicavano nelle loro sinagoghe tre volte ogni sabato. Ma Dio li sostenne sempre in mezzo alle persecuzioni. A poco a poco, si costituirono molte Chiese e la separazione tra ebrei e cristiani divenne completa. Tale separazione era ignorata dal governo romano. Il senato di Roma e gli imperatori non si interessavano alle dispute di una piccola setta che Dio aveva finora guidato nell'oscurita' e che andava elevando per gradi insensibili. Bisogna vedere in quale stato era allora la religione dell'impero romano. I misteri e le pratiche espiatorie erano accreditati in quasi tutto il mondo. Gli imperatori, e' vero, i grandi e i filosofi non avevano nessuna fede in quei misteri; ma il popolo che, in fatto di religione, detta legge ai grandi, imponeva loro la necessita' di conformarsi in apparenza al suo culto. Per incatenarlo, bisognava fingere di portare le sue stesse catene. Anche Cicerone fu iniziato ai misteri di Eleusi. La conoscenza di un solo Dio era il principale dogma che si annunziava in quelle feste misteriose e magnifiche. Va detto che le preghiere e gli inni di quei misteri, che ci sono pervenuti, sono quanto il paganesimo ha di piu' sentito e di piu' ammirabile.
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