Lo stesso san Giustino cita fiduciosamente gli oracoli delle Sibille; in piu', pretende di aver visto i resti delle celle dove, nel faro d'Egitto, furono rinchiusi i settantadue interpreti, ai tempi di Erode. La testimonianza di uno che ebbe la sventura di vedere quelle celle sembra indicare che l'autore dovette esservi rinchiuso. Sant'Ireneo, che viene dopo, e che credeva anche lui nel regno di mille anni, dice di aver saputo da un vegliardo che l'autore dell' Apocalisse era san Giovanni. Ma a sant'Ireneo fu rimproverato di aver scritto che non ci devono essere piu' di quattro Vangeli, perche' non ci sono solo che quattro parti del mondo e quattro punti cardinali, e perche' Ezechiele non vide che quattro animali. Egli chiama questo ragionamento una «dimostrazione». Bisogna ammettere che il modo con cui Ireneo dimostra equivale a quello con cui Giustino ha veduto. Clemente d'Alessandria, nei suoi Electa, parla soltanto di un' Apocalisse di san Pietro, di cui si faceva grandissimo conto. Tertulliano, uno dei piu' accesi sostenitori del regno di mille anni, non solo assicura che san Giovanni predisse questa resurrezione e questo regno di mille anni della citta' di Gerusalemme, ma pretende che questa Gerusalemme cominciava gia' a formarsi nell'aria; che tutti i cristiani della Palestina, e anche i pagani, l'avevan vista quaranta giorni di fila, ad ogni finir della notte; disgraziatamente la citta' dileguava, appena spuntava il giorno. 12
Origene, nella sua prefazione al Vangelo di san Giovanni, e nelle sue Omelie, cita gli oracoli dell' Apocalisse; e cita egualmente gli oracoli delle Sibille. Ma san Dionigi di Alessandria, che scriveva verso la meta' del III secolo, dice, in uno dei suoi frammenti conservati da Eusebio, che quasi tutti i dottori respingevano l' Apocalisse come un libro del tutto privo di senso; che questo libro non e' stato affatto scritto da san Giovanni ma da un tal Cerinto, il quale si era servito di un gran nome per dare maggior peso alle sue fantasie.
|