I conciapelli, i calzolai e le sarte di Atene applaudirono una farsa in cui si rappresentava Socrate che, sollevato in aria dentro un paniere, annunciava che non c'era nessun dio e si vantava d'aver rubato un mantello insegnando filosofia. Un popolo intero, il cui cattivo governo autorizzava licenze tanto infami, si meritava proprio quel che gli e'
accaduto, di finire schiavo dei romani, e di esserlo oggi dei turchi.
Saltiamo tutto il tempo che intercorre tra la repubblica romana e noi. I romani, assai piu' saggi dei greci, non hanno mai perseguitato nessun filosofo per le sue idee. Non fu cosi' presso i popoli barbari succeduti all'impero romano. Non appena l'imperatore Federico II si mise a disputare con i papi, lo si accuso' di essere ateo, e per di piu' autore, insieme al suo cancelliere Pier delle Vigne, del libro I tre impostori. Il nostro gran cancelliere dell'Hospital si dichiara contro le persecuzioni, ed ecco che subito lo accusano di ateismo. «Homo doctus, sed verus atheos.» Un gesuita tanto al disotto di Aristofane quanto Aristofane e' al disotto di Omero, un disgraziato il cui nome e' diventato ridicolo persino tra i fanatici, in breve il gesuita Garasse, scopre ovunque degli «ateisti»: cosi' chiama tutti coloro contro i quali si scatena. Garasse chiama «ateista» Teodoro di Beza; e' lui che ha indotto in errore la gente su Vanini.
La misera fine di Vanini non ci muove a sdegno e pieta' come quella di Socrate, perche' Vanini non era che un pedante forestiero privo di meriti; ma non era affatto un ateo, come si e' voluto far credere; anzi, era esattamente il contrario. Era un povero prete napoletano, predicatore e teologo di professione, portato a disputare all'eccesso sulle quiddita' e sugli universali, «et utrum chimera bombinans in vacuo possit comedere secundas intentiones», ma nel quale non c'era nessuna tendenza all'ateismo. Il suo concetto di Dio si ispirava alla teologia piu' sana e accreditata: «Dio e'
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