Disputate finche' volete sui quattordici principi che regnarono prima di Fo-hi; la vostra bella disputa arrivera'
solo a provare che la Cina era allora molto popolata e che vi regnavano le leggi. Ora vi domando se una nazione riunita, che ha leggi e principi, non presupponga una straordinaria antichita'. Pensate quanto tempo occorre perche' un singolare concorso di circostanze faccia trovare il ferro nelle miniere, perche' venga impiegato nell'agricoltura, perche' si inventi la spola e tutte le altre arti.
Chi si diverte a scrivere puerilita' ha immaginato un calcolo molto divertente. Il gesuita Petau, con un bellissimo computo, attribuisce alla terra, duecentottantacinque anni dopo il diluvio, cento volte piu' abitanti di quanti si osi supporre per il presente. I Cumberland e i Whiston hanno fatto calcoli non meno comici: questa brava gente, se avesse consultato i registri delle nostre colonie, sarebbe rimasta sbalordita: avrebbe appreso quanto poco il genere umano si moltiplica, e che spesso diminuisce, anziche' aumentare.
Lasciamo dunque, noi che siamo di ieri, noi discendenti dei celti, che abbiamo solo da poco dissodato le foreste delle nostre contrade selvagge, lasciamo che i cinesi e gli indiani si godano in pace il loro buon clima e la loro antichita'. Cessiamo, soprattutto, di chiamare idolatri l'imperatore della Cina e il subab del Dekkan! Non bisogna essere fanatici dei meriti dei cinesi: la costituzione del loro impero e' la migliore del mondo, la sola che sia tutta fondata sull'autorita'
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