I letterati cinesi, i parsi, gli antichi egiziani non ebbero idoli; ma ben presto Iside e Osiride furono raffigurati; ben presto Bel, a Babilonia, fu un gran colosso e, nella penisola indiana, Brâhmâ fu un mostro bizzarro. I greci, piu'
degli altri, moltiplicarono i nomi degli dei, le statue e i templi, ma attribuendo sempre il supremo potere al loro Zeus, chiamato dai latini Giove, signore degli dei e degli uomini. I romani imitarono i greci. Sede di tutti gli dei fu sempre, per questi popoli, il cielo, pur senza che essi sapessero cosa intendevano per cielo e per il loro Olimpo; non era molto probabile che questi esseri superiori abitassero nelle nuvole, che non sono che acqua. In un primo tempo ne collocarono sette in sette pianeti, fra i quali era compreso il sole; ma, piu' tardi, la dimora di tutti gli dei fu l'immensa distesa del cielo.
I romani ebbero i loro dodici grandi dei, sei maschi e sei femmine, che chiamarono Dii majorum gentium: Giove, Nettuno, Apollo, Vulcano, Marte, Mercurio, Giunone, Vesta, Minerva, Cerere, Venere, Diana. Plutone fu allora dimenticato: Vesta prese il suo posto.
Venivano poi gli dei minorum gentium: gli dei indigeni, gli eroi, come Bacco, Ercole, Esculapio; gli dei infernali, Plutone e Proserpina; quelli del mare, come Tetide, Anfitrite, le Nereidi, Glauco, le Driadi, le Naiadi; gli dei 88
degli orti, quelli dei pastori. Ce n'erano per ogni professione, per ogni azione della vita, per i bambini, le ragazze nubili, le sposate, le puerpere; ci fu anche il dio Peto. Infine si divinizzarono gli imperatori. Per la verita', ne' questi imperatori, ne' il dio Peto, ne' la dea Pertunda, ne' Priapo, ne' Rumilia, la dea delle mammelle, ne' Stercuzio, il dio dei cessi, furono mai considerati come i signori del cielo e della terra. Gli imperatori ebbero qualche volta dei templi, i piccoli dei penati non ne ebbero mai, ma tutti ebbero la loro figura, il loro idolo.
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