L'autore, che prende il nome di Jonathan e si dice contemporaneo di Gesu' Cristo e abitante di Gerusalemme, sostiene che Erode consulto', a proposito della nascita di Gesu' Cristo, i senatori di una citta' nella terra di Cesarea. Non seguiremo un autore cosi' assurdo in tutte le sue contraddizioni.
e' col favore di tante e tali calunnie che gli ebrei si mantengono nel loro odio implacabile contro i cristiani e contro il Vangelo; niente han trascurato per alterare la cronologia del Vecchio Testamento e spargere dubbi e difficolta'
sul tempo della venuta del nostro Salvatore.
Ahmed ben-Cassum al-Andalusi, un moro di Granata, vissuto sul finire del XVI secolo, cita un antico manoscritto arabo che fu scoperto con sedici lamine di piombo, incise in caratteri arabi, in una grotta nei pressi di Granata. Don Pedro y Quinones, arcivescovo di questa citta', ne ha reso lui stesso testimonianza. Queste lamine di piombo, dette «di Granata», furon poi portate a Roma, dove, dopo un esame durato molti anni, furono alla fine condannate come apocrife sotto il pontificato di Alessandro VII: esse contengono storie favolose sulla vita di Maria e di suo figlio.
Il nome di «Messia», accompagnato dall'epiteto di «falso», si da' inoltre a quegli impostori che, in vari tempi, hanno cercato di ingannare il popolo ebraico. Ce ne furono, di questi falsi Messia, anche prima della venuta del vero unto di Dio. Il saggio Gamaliele parla di un certo Teuda, la cui storia si legge nelle Antichita' giudaiche di Giuseppe, libro XX, cap. II. Egli si vantava di attraversare il Giordano a piedi asciutti; attiro' molta gente al suo seguito; ma i romani, piombati sulla sua schiera, la dispersero, mozzarono la testa allo sventurato e la esposero a Gerusalemme. Gamaliele parla anche di Giuda, il galileo, che e' senza dubbio lo stesso che Giuseppe cita nel capitolo XII del secondo libro della Guerra giudaica. Egli sostiene che quel falso profeta aveva raccolto attorno a se' circa tremila uomini; ma l'iperbole e' caratteristica degli storici ebrei.
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