Il grave magistrato, che ha comperato con un po' di denaro il diritto di fare questi esperimenti sul suo prossimo, racconta poi alla moglie, a pranzo, il lavoro compiuto nella mattinata. La prima volta la signora ne resta disgustata; la seconda ci prende gusto perche', dopo tutto, le donne son curiose; e, infine, la prima cosa che chiede, quando lui rincasa in toga, e': «Cuoricino mio, oggi non hai messo alla tortura nessuno?»
I francesi, che sono considerati, non so proprio perche', un popolo tanto umano, si meravigliano che gli inglesi, che hanno avuto la cattiveria di toglierci tutto il Canada, abbiano rinunciato al piacere di usare la tortura. Quando il cavalier de La Barre, nipote di un luogotenente generale dell'esercito, un giovane di vivo ingegno e di grandi speranze, ma preda della sventatezza di una gioventu' sfrenata, fu accusato di aver cantato canzoni empie, e persino di essere passato davanti a una processione di cappuccini senza togliersi il cappello, i giudici di Abbeville, gente paragonabile ai senatori romani, ordinarono non solo che gli si strappasse la lingua, gli si mozzasse la mano e lo si bruciasse a fuoco lento, ma lo misero anche alla tortura per sapere con precisione quante canzoni aveva cantato e quante processioni aveva visto passare tenendo il cappello in testa. E quest'avventura non e' accaduta nel XII o XIV secolo, ma nel XVIII. I popoli stranieri giudicano la Francia dai suoi spettacoli, dai suoi romanzi, dalle sue leggiadre poesie, dalle ragazze dell'Opera, che han modi cosi' teneri, dai ballerini, cosi' graziosi, dalla signorina Clairon, che declama i versi in modo divino. Non sanno che, in fondo, non c'e' nazione piu' feroce di quella francese. 140
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