Nel 1725 quattro selvaggi del Mississippi vennero condotti a Fontainebleau, e io ebbi l'onore di intrattenerli; c'era fra loro una donna di laggiu', alla quale chiesi se avesse mai mangiato uomini: mi rispose con grande ingenuita' che ne aveva mangiati. Le sembrai un po' scandalizzato, e lei si scuso' dicendo che e' meglio mangiare il proprio nemico morto che lasciarlo divorare dagli animali, e che i vincitori meritavano di avere la preferenza. Noi ammazziamo in battaglia, campale o meno, i nostri vicini e per la piu' misera ricompensa lavoriamo per fornire il pasto a corvi e vermi. Questo e' l'orrore, questo il delitto; che importa, quando si e' uccisi, se si viene mangiati da un soldato o da un corvo o da un cane?
Noi rispettiamo piu' i morti che i vivi. Dovremmo rispettare gli uni e gli altri. Le nazioni cosiddette civili hanno avuto ragione a non mettere allo spiedo i loro nemici vinti, perche', se fosse permesso mangiare i propri vicini, non tarderemmo a mangiare i nostri compatrioti; il che sarebbe un grosso inconveniente per le virtu' sociali. Ma le nazioni civili non sempre sono state tali; tutti i popoli furono a lungo selvaggi; e nell'infinito numero di rivoluzioni che questo globo ha subito, il genere umano fu ora numeroso, ora assai scarso. e' successo degli uomini quello che succede oggi degli elefanti, delle tigri e dei leoni, la cui specie e' molto diminuita. Nei tempi in cui una contrada era poco popolata d'uomini, essi avevano poche arti, erano cacciatori. L'abitudine di nutrirsi di quel che avevano ucciso li porto' facilmente a trattare i nemici al pari dei loro cervi o dei loro cinghiali. Fu la superstizione a far immolare vittime umane, e la necessita' a farle mangiare.
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