Ci sono dei popoli atei, dice Bayle nelle sue Pense'es sur les come'tes. I cafri, gli ottentotti, i tupinamba e molti altri piccoli popoli non hanno nessun dio; questo puo' essere; non ne negano ne' ne affermano l'esistenza; e' che non ne hanno mai sentito parlare. Dite loro che ce n'e' uno, lo crederanno facilmente; dite loro che tutto accade in virtu' della natura delle cose, vi crederanno ugualmente. Dire che sono atei e' come accusarli d'essere anticartesiani; non sono ne' pro ne' contro Descartes. Sono dei veri bambini; un bambino non e' ne' ateo ne deista: non e' niente. Che conclusione trarremo da tutto questo? Che l'ateismo e' un mostro assai pericoloso in coloro che governano; che lo e' anche nelle persone colte, anche se la loro vita e' innocente, perche' dal loro scrittoio essi possono arrivare fino a coloro che vivono in piazza; che, se non e' funesto quanto il fanatismo, e' pero' quasi sempre fatale alla virtu'. Aggiungiamo soprattutto che oggi ci sono meno atei di quanti ce ne siano mai stati, da quando i filosofi hanno riconosciuto che non c'e' alcun essere vegetale senza un germe, nessun germe senza uno scopo, e che il grano non nasce dalla putredine.
Alcuni geometri non filosofi hanno respinto le cause finali, ma i veri filosofi le ammettono; e come ha detto un noto scrittore, un catechista annuncia Dio ai pargoli, e Newton lo dimostra ai saggi. II
Ma se vi sono degli atei, con chi prendersela se non con quei tiranni mercenari delle anime, che, costringendoci a ribellarci contro le loro nefandezze, forzano gli spiriti deboli a negare il Dio che quei mostri disonorano? Quante volte le sanguisughe di un popolo hanno portato i cittadini oppressi a rivoltarsi contro il loro re?
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