CU-SU
Sono molto edificato da quello che mi dite, e vorrei che tutte le genti vi sentissero: perche' m'assicurano che ci sono dei popoli tanto insolenti da osar dire che noi non conosciamo la vera virtu'; che le nostre buone azioni non sono che splendidi peccati, e che abbiamo bisogno delle lezioni dei loro talapoini, per imparare i buoni principi. Ahime'!
Disgraziati! Da ieri soltanto hanno imparato a leggere e a scrivere, e pretendono di dar lezione ai loro maestri!
Dialogo sesto
CU-SU
Non staro' a enumerarvi tutti i luoghi comuni che si continuano a ripetere fra noi da cinque o seimila anni su tutte le virtu'. Ce ne sono alcune che servono solo a noi stessi, come la prudenza per guidare le nostre anime, la temperanza per governare i nostri corpi: sono semplici precetti di politica e di salute. Le vere virtu' sono quelle che sono utili alla societa', come la fedelta', la magnanimita', la beneficenza, la tolleranza ecc. Grazie al cielo, non c'e' tra noi vecchietta che non insegni tutte queste virtu' ai suoi nipotini: sono i rudimenti della nostra educazione, in campagna come nelle citta'. Ma c'e' una grande virtu' che comincia a cadere in disuso, e me ne dolgo.
KU
Qual e'? Ditemelo, presto, e cerchero' di rimetterla in onore.
CU-SU
e' l'ospitalita'. Questa virtu' cosi' sociale, questo vincolo sacro fra gli uomini, comincia ad allentarsi da quando abbiamo le locande. Questa perniciosa istituzione ci e' venuta, dicono, da certi selvaggi dell'Occidente. A quanto pare, quei miserabili non hanno case per accogliere i viaggiatori. Che piacere accogliere, nella grande citta' di Lu, un generoso straniero che arrivi da Samarcanda, per il quale io divento da quel momento un uomo sacro, e che sara' obbligato da tutte le leggi umane e divine a ricevermi a casa sua quando viaggero' in Tartaria, e ad essermi intimo amico!
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