Quanto a noi canusi, ci piace molto il bue, e un certo pasticcio che si chiama in giapponese pudding. Del resto, tutti ammettono che i nostri cuochi sono infinitamente piu' istruiti di quelli dei pispati. Nessuno ha approfondito meglio di noi il garum dei romani, ne' meglio conosciuto le cipolle dell'antico Egitto, la pasta di cavallette degli antichi arabi, la carne di cavallo dei tartari; c'e' sempre qualcosa da imparare nei libri dei canusi, comunemente chiamati peiscopi. Non perdero' tempo a parlarvi di quelli che mangiano soltanto alla Terluo, ne' di quelli che sono per il regime di Vioncal, ne' dei batistatani, ne' degli altri; ma i queccari meritano un'attenzione particolare. Sono i soli convitati che non ho mai veduto ubriacarsi ne' bestemmiare. e' molto difficile ingannarli, ma loro non vi inganneranno mai. Sembrerebbe che il precetto d'amare il nostro prossimo come noi stessi sia stato fatto solo per loro; perche', in verita', come puo' un buon giapponese vantarsi d'amare il suo prossimo come se stesso, quando va, per un po' di denaro, a tirargli una palla di piombo nel cervello o a sgozzarlo con un kriss largo quattro dita, il tutto secondo le ottime regole dell'arte della guerra?
Certo, espone anche se stesso a essere sgozzato o a ricevere una palla in testa; e percio' si puo' dire con molta piu' verita'
che egli odia il suo prossimo come se stesso. I queccari non hanno mai avuto di queste frenesie: dicono che i poveri umani sono vasi di argilla fatti per durare pochissimo, e che non vale la pena che se ne vadano a cuor leggero gli uni contro gli altri a farsi a pezzetti.
|