Se voi aveste domandato al mondo intero, prima dei tempi di Copernico: «Il sole s'e' levato? e' tramontato quest'oggi?», tutti vi avrebbero risposto: «Ne abbiamo l'assoluta certezza.» Si sentivano certi, ed erano nell'errore. I sortilegi, le divinazioni, le ossessioni diaboliche, sono stati per secoli e per tutti i popoli la cosa piu' certa del mondo. Quali folle innumerevoli videro tutte queste belle cose, e ne son state certe! Oggi questa certezza s'e' un po'
smorzata.
Viene a trovarmi un giovanetto che comincia a studiare geometria; e' appena arrivato alla definizione dei triangoli. «Non sei certo,» gli dico, «che i tre angoli di un triangolo equivalgano a due angoli retti?» Egli mi risponde che non solo non ne e' certo, ma che non ha neppure un'idea precisa di questa proposizione. Io gliela dimostro; ora ne e'
certissimo, e lo restera' per tutta la vita.
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Ecco una certezza ben differente dalle altre: quelle erano semplici probabilita', e tali probabilita', esaminate a fondo, sono diventate errori; ma la certezza matematica e' immutabile ed eterna. Io esisto, penso, sento dolore; tutto questo e' altrettanto certo quanto una verita' geometrica? Si'. Perche'? Perche'
queste verita' sono provate in virtu' dello stesso principio che una cosa non puo' essere e non essere nello stesso tempo. Io non posso nello stesso tempo esistere e non esistere, sentire e non sentire. Un triangolo non puo' avere a un tempo centottanta gradi, che sono la somma di due angoli retti, e non averli.
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