Quando tutti questi processi furono conclusi, udii promulgare questa sentenza: «In nome dell'eterno creatore, conservatore, remuneratore, vendicatore, misericorde eccetera, sia noto a tutti gli abitanti dei centomila milioni di miliardi di mondi che ci piacque creare, che noi non giudicheremo mai nessuno dei detti abitanti sulle sue idee contorte, ma unicamente sulle sue azioni; perche' tale e' la nostra giustizia.»
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Confesso che fu la prima volta che sentii un tale editto: tutti quelli che avevo letto sul granellino di sabbia ove sono nato finivano invece con queste parole: «Perche' tale e' il nostro beneplacito.»
E
EGUAGLIANZA
Che cosa deve un cane a un cane, e un cavallo a un cavallo? Niente, nessun animale dipende dal suo simile; ma l'uomo, che ha ricevuto il raggio della Divinita' chiamato ragione, che frutto ne ha? Quello d'essere schiavo in quasi tutta la terra.
Se questa terra fosse quella che sembra dover essere, vale a dire se l'uomo vi trovasse ovunque una sussistenza facile e assicurata e un clima confacente alla sua natura, e' chiaro che sarebbe impossibile ad un uomo asservirne un altro. Se la terra abbondasse di frutti salutari; se l'aria che deve contribuire alla nostra vita non ci desse anche le malattie e la morte; se l'uomo non avesse bisogno d'altro alloggio e letto se non quelli dei daini e dei caprioli, allora i Gengis Khan e i Tamerlani non avrebbero altri servi che i loro figli, i quali sarebbero abbastanza umani da aiutarli in vecchiaia. In questo stato cosi' naturale di cui godono tutti i quadrupedi, gli uccelli e i rettili, l'uomo sarebbe felice come loro, e il predominio diventerebbe una chimera, un'assurdita' cui nessuno potrebbe pensare: perche' infatti cercare dei servi quando non si ha bisogno di nessun servizio?
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