Giuliano e' sobrio, casto, disinteressato, valoroso e clemente; ma non era cristiano, e fu considerato a lungo come un mostro.
Oggi, dopo aver paragonato i fatti, i monumenti, gli scritti di Giuliano e quelli dei suoi nemici, si e' costretti a riconoscere che, se non amava il cristianesimo, fu scusabile nell'odiare una setta che si era macchiata del sangue di tutta la sua famiglia; e che, essendo stato perseguitato, imprigionato, esiliato, minacciato di morte dai galilei sotto il regno del barbaro Costanzo, non li perseguito' mai; che, al contrario perdono' a dieci soldati cristiani che avevano congiurato contro la sua vita. Si leggono le sue lettere, e lo si ammira:
«I galilei,» dice, «patirono sotto il mio predecessore l'esilio e la prigione; si massacrarono a vicenda coloro che si chiamavano a turno "eretici"; io li ho richiamati dall'esilio, li ho liberati dalle prigioni; ho restituito i beni ai proscritti, li ho costretti a vivere in pace. Ma tale e' l'inquieto furore dei galilei, che si lamentano di non potersi piu' divorare fra di loro.» Che lettera! Che sentenza della filosofia contro il fanatismo persecutore!
Finalmente, esaminati i fatti, siamo stati obbligati a riconoscere che Giuliano aveva tutte le qualita' di Traiano, tranne quei gusti cosi' a lungo perdonati ai greci e ai romani; tutte le virtu' di Catone, senza la sua rigidezza e la sua acredine; tutto quel che fu ammirato in Giulio Cesare, senza i suoi vizi; che aveva, inoltre, la continenza di Scipione. Insomma fu del tutto pari a Marco Aurelio, il primo degli uomini.
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