Voltaire
DIZIONARIO FILOSOFICO


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     Quando i condottieri romani e cartaginesi stipulavano un trattato, chiamavano a testimoni tutti i loro dei.

     «Davanti a loro,» dicevano, «noi giuriamo la pace.» Ora le statue di tutti questi dei, il cui elenco era lunghissimo, non stavano certo nella tenda dei generali. Essi consideravano gli dei come presenti alle azioni degli uomini, come testimoni, come giudici. E certamente la divinita' non si riduceva al suo simulacro. Con che occhio vedevano dunque le statue delle loro false divinita' nei templi? Con lo stesso occhio, se e'

     permesso esprimersi cosi', col quale noi vediamo le immagini degli oggetti della nostra venerazione. L'errore non era quello d'adorare un pezzo di legno o di marmo, ma di adorare una falsa divinita' rappresentata da quel legno e quel marmo. La differenza fra loro e noi non consiste nel fatto che essi avessero immagini, mentre noi non ne abbiamo; ma che le loro immagini raffiguravano esseri fantastici in una religione falsa, mentre le nostre raffiguravano esseri reali in una religione vera. I greci avevano la statua di Ercole, e noi quella di san Cristoforo; essi avevano Esculapio e la sua capra, e noi san Rocco e il suo cane; avevano Giove armato del tuono, e noi sant'Antonio da Padova e san Giacomo di Compostella.


     Quando il console Plinio, nell'esordio del suo Panegirico a Traiano, rivolge le sue preghiere «agli dei immortali», non e' a delle immagini ch'egli si rivolge. Quelle immagini non erano certo immortali. Ne' gli ultimi tempi del paganesimo ne' quelli piu' remoti offrono un solo esempio che possa far concludere che si adorassero idoli. Omero parla solo degli dei che abitano l'alto Olimpo. Il palladium, benche' caduto dal cielo, non era che un sacro pegno della protezione di Pallade: in esso si venerava la dea.


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