Ma i romani e i greci s'inginocchiavano davanti alle statue degli dei, offrivano loro corone, incenso, fiori, e le portavano in trionfo nelle pubbliche piazze. Noi abbiamo santificato queste usanze, senza per questo essere idolatri. Le donne, in tempo di siccita', portavano in giro le statue degli dei dopo aver digiunato. Camminavano a piedi nudi, i capelli sciolti, e presto si metteva a piovere a secchi, come dice Petronio: «et statim urceatim pluebat». Non abbiamo forse consacrato quest'uso, illegittimo presso i gentili, e indubbiamente legittimo fra noi? In quante citta' non si portano in giro, camminando a piedi nudi, le reliquie dei santi per ottenere con la loro intercessione le benedizioni del cielo? Se un turco o un letterato cinese fosse testimone di queste cerimonie, potrebbe sulle prime per ignoranza accusarci di riporre la nostra fiducia nei simulacri che portiamo in processione: ma basterebbe una parola per disingannarlo.
Si resta stupiti del numero straordinario di declamazioni rivolte in tutti i tempi conto l'idolatria dei romani e dei greci; e poi si resta ancora piu' stupiti quando si vede che essi non erano affatto idolatri. Ci sono sempre stati templi piu' privilegiati degli altri. La grande Diana di Efeso godeva di una maggior reputazione di una Diana da villaggio. Avvenivano piu' miracoli nel tempio di Esculapio a Epidauro che in altri suoi templi. La statua di Giove Olimpio attirava piu' offerte di quella di Giove Paflagone. Ma, poiche' bisogna sempre opporre le usanze di una religione vera a quelle di una religione falsa, non sentiamo anche noi da tanti secoli piu'
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