Voltaire
DIZIONARIO FILOSOFICO


Pagina 255
1-20- 40-60- 80-100- 120-140- 160-180- 200-220- 240-260- 280-300- 320-340- 360-380-400-410

[Indice]


     Si legga anche questo passo del filosofo Massimo di Madaura, nella sua Lettera a sant'Agostino: «Quale uomo e' cosi' rozzo e ottuso da dubitare dell'esistenza di un Dio supremo, eterno, infinito, che niente ha generato di simile a lui, e che e' il padre comune di tutte le cose?»

     Sappiamo, in base a mille testimonianze, che i saggi aborrivano non solo l'idolatria, ma anche il politeismo. Epitteto, quel modello di rassegnazione e di pazienza, quell'uomo cosi' grande in una condizione cosi' bassa, non parla mai che di un solo Dio. Ecco una delle sue massime: «Dio mi ha creato, Dio e' dentro di me; io lo porto dappertutto. Potrei insozzarlo con pensieri osceni, con azioni ingiuste, con desideri infami? Il mio dovere e' di ringraziare Iddio di tutto, lodarlo di tutto e non cessare di benedirlo se non cessando di vivere.» Tutte le idee di Epitteto si basano su questo principio.


     Marco Aurelio, tanto grande, forse, sul trono dell'impero romano, quanto Epitteto nella sua condizione di schiavo, parla spesso, in verita', degli dei, sia per conformarsi al linguaggio comune, sia per indicare esseri intermedi fra l'Essere supremo e gli uomini. Ma in questi passi mostra di non riconoscere che un solo Dio, eterno, infinito. «La nostra anima,» dice, «e' un'emanazione della Divinita'. I miei figli, il mio corpo, il mio spirito mi vengono da Dio.»

     Gli stoici, i platonici ammettevano una natura divina e universale; gli epicurei la negavano. I pontefici, nei misteri, parlavano di un solo Dio. Dov'erano dunque gli idolatri?


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]